In Italia In Italia Luca Giaccone

Birra, le regole dell’abbinamento

Birra, le regole dell’abbinamento

Il beer pairing è un fenomeno tipicamente italiano. Ciò che conta nell’abbinamento cibo-birra è la corrispondenza tra il grado di intensità della bevanda e quello del piatto, ma vanno considerate anche le interazioni gusto-olfattive e le sensazioni tattili.

Immaginiamo di avere davanti a noi una birra alla temperatura perfetta, nel bicchiere corretto, spillata a regola d’arte. La domanda, inevitabile, sarà: che cosa ci possiamo abbinare? È una cosa tipicamente italiana, in altri Paesi decisamente meno sentita, ma qui molto importante. Siamo infatti portati a pensare spesso al cibo, quando consumiamo bevande alcoliche, e anche la birra non sfugge a questa regola.

A volte l’accompagnamento non serve

È vero che molti stili birrari sono perfetti da soli, caratterizzati da una schietta semplicità di sorso e da belle doti rinfrescanti: penso ad esempio a una secca Pils tedesca, oppure a una luppolata Pale Ale americana, oppure ancora a una leggera Mild inglese. Così come è indubbio che in molti casi la birra non ha bisogno di accompagnamento, essendo essa stessa alimento (nasce dai cereali) e risultato di equilibri gustativi (tipico quello dolce-amaro, ma diffusi anche quello dolce-acido, con possibili interventi di sapidità e umami) che non richiedono “aggiunte” esterne per essere completi.

Il caso delle birre “da meditazione”

Questo non vale soltanto “verso il basso” come negli esempi precedenti, dove cioè le birre sono leggere e perfette per combattere la sete (allontanando quindi il pensiero al cibo), ma anche “verso l’alto” con alcune birre talmente ricche e potenti da non necessitare alcun accompagnamento per ottenere una piena soddisfazione gustativa: qui possono venire in mente i Barley Wine inglesi, le Quadrupel belghe, o le Eisbock tedesche.

Il primo parametro è l’intensità

Nella maggioranza dei casi, però, le birre si prestano ottimamente all’abbinamento, valorizzando i cibi e creando matrimoni decisamente riusciti. Intanto perché l’universo degli stili è talmente vario e ampio da includere la leggerezza di birre di appena 3 gradi alcolici (ad esempio le Berliner Weisse) e il calore e la potenza di birre con livelli alcolici più tipici del vino (come le Imperial Russian Stout), comprendere birre dolcissime (come alcune Belgian Ale) o super-amare (come tante Ipa), acide (come le Gueuze), salate (come le Gose), affumicate (come le Rauch), e così via.
Con un tale spettro che è praticamente impossibile non trovare la birra giusta per abbinare un piatto, qualunque esso sia, senza alcuna limitazione. Non spaventano né l’amaro o l’acidità, né l’astringenza o le note tanniche che spesso rendono problematici i wine pairing. Basta tenere a mente alcune semplici principi e poi farsi guidare dalla fantasia e dal palato.

La prima regola

La prima, fondamentale regola nella costruzione di un abbinamento è l’attenzione alle rispettive intensità: ogni birra ha una sua potenza olfattiva e gustativa, così come ogni cibo ha un suo livello di profondità e una sua ampiezza di sapore. È importantissimo cercare di scegliere intensità simili, per evitare che uno dei due elementi sovrasti gustativamente l’altro. Per abbinare un delicato carpaccio di pesce non sceglieremo una violenta Imperial Ipa – sentiremmo soltanto il luppolo della birra, perdendo completamente il contributo del piatto – così come per un potente formaggio erborinato non opteremo per una leggera Helles, che nel confronto sparirebbe del tutto.

Associazioni di sapori

Il secondo elemento da considerare riguarda le profonde interazioni gusto-olfattive che derivano dall’accostamento di una pietanza a una bevanda. Ovviamente non mangiamo e beviamo nello stesso momento, ma la persistenza gustativa e olfattiva dei cibi interagisce drammaticamente con le caratteristiche delle birre, modi­ficando a vicenda le rispettive percezioni. È difficile tracciare regole assolute, valide in tutte le occasioni, perché nel piatto e nel bicchiere ci sono sempre somme di sapori e di profumi, che scoraggiano le eccessive sempli­ficazioni concettuali. È comunque possibile dare alcune indicazioni generali, ricordando che un buon abbinamento è costruito sul bilanciamento dei sapori, sulle capacità che le birre hanno di smorzare o al contrario valorizzare le caratteristiche dei piatti.

Le caratteristiche dei piatti

La dolcezza, l’umami e il grasso degli alimenti sono bilanciati dall’amaro del luppolo e dalle acidità dei malti tostati. Il piccante e l’acidità dei cibi sono smorzati dalla dolcezza e dalla rotondità dei malti, mentre sono enfatizzati dall’amaro del luppolo. Su questi concetti base entrano in gioco ovviamente anche i gusti e le percezioni personali: un amante del cibo piccante troverà irresistibile l’abbinamento del cibo Thai con le Ipa; per chi non apprezza troppo il piccante sarà invece un accostamento improponibile.

Anche i profumi sono importanti

Su questi equilibri relativamente semplici si inseriscono le più articolate interazioni olfattive, che possono giocare un ruolo fondamentale nella riuscita di un accostamento: i luppoli tedeschi hanno aromi erbacei che possono ricordare alcune verdure, quelli americani hanno note agrumate che richiamano il pompelmo e il mandarino, alcuni lieviti hanno sentori fenolici che possono rimandare alle spezie, i malti chiari possono far pensare al pane, i malti ambrati hanno note di caramello e frutta secca, i malti scuri hanno aromi di caffè o di cioccolato. Sono solo alcuni esempi, ma utili per capire come le armonie che derivano dalle assonanze olfattive possono riuscire a rendere estremamente interessante l’abbinamento di un cibo a una birra.

Il nostro bagaglio olfattivo

A volte gli elementi comuni sono evidentissimi (una torta al cioccolato abbinata con una Imperial Stout), a volte pescano in memorie lontane, forse non così esplicite, ma comunque potentissime. Il nostro organismo possiede un bagaglio olfattivo ampiamente sottovalutato, ma spesso un profumo ci fa pensare a situazioni vissute – anche molto lontane – e inconsapevolmente cambia la percezione di tutto il resto. Randy Mosher, nel suo bel libro Degustare le birre, fa tre esempi di familiarità di sapori derivanti dall’esperienza alimentare che tutti noi abbiamo (lui pensa soprattutto al pubblico americano, ma le stesse cose possono valere più o meno anche in Italia).

Qualche esempio

Il Camembert abbinato a una Brown Ale, la burrata a una Weizen, il Gouda a una birra affumicata. Mi convince in particolare il primo: la Brown Ale ha delle note tostate che ricordano da vicino il pane abbrustolito e che accostate a un formaggio a pasta molle attiva inevitabilmente un ricordo che tutti noi abbiamo, quello del toast o della bruschetta al formaggio. Nel secondo esempio invece le note fruttate della Weizen, che richiamano la banana e i frutti estivi, abbinate alla grassezza della burrata ci possono fare pensare alle pesche sciroppate con la panna. Nel terzo esempio l’umami del Gouda e l’affumicato della birra possono ricordare la carne alla griglia.

Entra in gioco il tatto

Le interazioni olfattive e gustative sono fondamentali, nella costruzione di un buon abbinamento, ma non sono le uniche a entrare in gioco. Bisogna anche considerate le cosiddette sensazioni boccali, che non attengono alla sfera gustativa, ma a quella tattile. Il nostro palato è infatti in grado di riconoscere la temperatura, il livello di gasatura, l’astringenza, l’untuosità e tante altre mouthfeel, molto importanti sia nella degustazione della birra da sola sia insieme ai cibi. Ad esempio il calore dell’alcol può bilanciare la grassezza di un alimento, la frizzantezza può combatterne la dolcezza, ma enfatizzare l’acidità. Quindi ad esempio si sceglierà una birra più alcolica ed effervescente come una Tripel belga quando si avrà bisogno di “ripulire” e di bilanciare grassezza e sapidità di un piatto come le frittelle di baccalà.

LA NOSTRA SELEZIONE

1 TROLL

Panada

Il birrificio nasce nel 2003 al piano interrato di un locale di mescita nella Valle Grande, poche curve fuori da Vernante, in provincia di Cuneo. Le birre di Alberto Canavese sono sempre state concepite per abbinare la cucina del ristorante, specializzato in carne alla brace e preparazioni alla birra. La Panada, una birra di frumento ispirata alle Blanche belghe, viene utilizzata per la marinatura di una trota affumicata che è ormai un classico del locale. Il riposo nella birra ammorbidisce le fibre del pesce, rendendolo burroso e succoso all’assaggio. La leggerezza della birra rispetta la delicatezza del piatto, la freschezza acidula e la gasatura bilanciano bene la grassezza della trota, mentre la nota citrica tipica dello stile ci fa ricordare il classico accostamento col succo di limone (o con la maionese).
Un abbinamento che al Troll è irrinunciabile e che funziona sempre benissimo.

2 BATZEN

Smoky Bock

La Batzen Häusl sorge in centro a Bolzano e ha una storia antichissima, il primo documento risale al 1404. Nel 2002 è stato rilevato da Robert Widmann, che dieci anni dopo ha installato in sito un moderno birrificio. L’offerta culinaria è molto ampia, attinge ai piatti della tradizione altoatesina, ma sconfina nelle altre regioni italiane. Alla Ca’ de Bezzi (il bezzo era un antico soldo) la birra non scorre soltanto dalle spine, ma trova spazio anche in diversepreparazioni culinarie, sia per marinare, sia per sfumare. È un grande classico il Goulash preparato con la Dunkel, ma sull’entusiasmo del recente riconoscimento, suggeriamo di assaggiare le tagliatelle con ragù di cinghiale preparato con la Smoky Bock, birra che si è
aggiudicata la medaglia d’oro nell’ultima edizione del prestigioso European Beer Star di Monaco di Baviera. Le note affumicate creano una bella sinfonia con la profondità del cinghiale, mentre dolcezza e morbidezza dei malti bilanciano la sapidità e l’intensità del piatto.

3 BALADIN

Xyauyù

Il birrificio nasce nel 1996 a Piozzo, a due passi dalle Langhe. È uno dei più importanti birrifici d’Italia, non solo perché fra i primi, ma perché è stato quello che più di tutti ha creduto nelle potenzialità della birra artigianale italiana. Partendo proprio dall’abbinamento, che per Teo Musso è sempre stata una scommessa. Le birre Baladin sono “gastronomiche”, efficaci nell’accompagnare i piatti e nell’Open Garden Bistrot annesso al birrificio si rimane affascinati da come un percorso birra-cibo possa essere emozionante. La Xyauyù è una delle birre più sorprendenti che esistano. Frutto di un’ossessione (voler produrre una birra ossidativa, quando l’ossigeno è un nemico della birrificazione), ricorda da vicino un vino liquoroso. È completamente priva di schiuma e gasatura, i 14 gradi scaldano il palato e l’anima, le raffinate note ossidative definiscono un bicchiere rilassante. Una birra straordinaria, utilizzata per produrre un goloso panettone, ma che abbina perfettamente il cioccolato (in tutte le sue forme), la pasticceria secca o addirittura una scaloppa scottata di foie gras.

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© Riproduzione riservata - 19/02/2020

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